Per far cassa alle promesse di Renzi, tagli retroattivi alle rinnovabili: arriva 'cauta' conferma
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Tagliare retroattivamente del 20% la remunerazione degli impianti da fonti rinnovabili esistenti a fronte di un’estensione di 5-7 anni del periodo. Assurdo solo pensarlo? No, dato che arriva una prima, anche se cauta, conferma dal sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo, in un’intervista concessa all’Ansa ha dichiarato: “C’è nell’aria un decreto spalma-incentivi che potrebbe intervenire in maniera retroattiva sul solare, impattando sugli investimenti già fatti dalle aziende”. Dichiarazioni che avvalorano dunque le preoccupanti indiscrezioni di questi giorni secondo cui il finanziamento al taglio delle bollette del 10% (delle Pmi) promesso dal Governo Renzi sarebbe stato ottenuto con uno spalma-incentivi forzato.
Si tratta di erogare agli operatori delle rinnovabili gli incentivi dovuti in 27 anni anziché in 20 come previsto dalle leggi in base alle quali questi hanno fatto i loro investimenti.
Preoccupanti anche le tempistiche: il nuovo decreto spalma-incentivi potrebbe esser pronto prima delle elezioni europee (22-25 maggio).
La proposta del Governo è una vera stangata che supera ogni principio di certezza del diritto, perchè stracciare unilateralmente contratti sottoscritti fra Stato e privati non dovrebbe essere nemmeno immaginato in una moderna economia di mercato. Come è possibile che i parlamentari non si oppongano?
Eppure per ridurre i costi dell'energia ci sono altri modi, come la carbon tax. Una tassa sulla CO2, ad esempio, oltre ad alleviare il caro-energia renderebbe più pulito ed efficiente il sistema energetico, permettendo di riformare, gradualmente e strutturalmente, la copertura degli incentivi a rinnovabili elettriche e termiche.
Questo non porrebbe rimedio agli errori di incentivazione del passato, certo, ma ne cambierebbe gli effetti.
L'Italia emette circa 450 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Stimando un onere di incentivazione delle fonti rinnovabili di 11 miliardi di euro nel 2013, parliamo di 25-30 euro a tonnellata equivalente.
I vantaggi di una carbon tax sarebbero:
- Le esternalità ambientali dei combustibili fossili verrebbero internalizzate nella componente energia delle bollette, non più spalmate in quella amministrata. Approvvigionare e vendere energia pulita diventerebbe in sé fonte di vantaggio competitivo per grossisti e venditori. Si supererebbe così, in senso virtuoso, l’attuale compressione della quota contendibile della bolletta;
- L’elettricità costerebbe di più nelle ore in cui è necessario il contributo di tecnologie ad alte emissioni, spingendo viceversa i consumi verso le fasce orarie più pulite;
- I costi di decarbonizzazione, oggi sproporzionatamente e distorsivamente a carico delle utenze elettriche, verrebbero ripartiti anche sulle utenze termiche e sui trasporti;
- Si rimedierebbe strutturalmente alla perdurante penalizzazione del vettore elettrico, più efficiente sia nella climatizzazione che nei trasporti, rispetto all’uso diretto dei combustibili.
Ma il vero muro è quello politico: l’ostinato silenzio rispetto ad ogni ipotesi di carbon tax è segno evidente di interessi che evidentemente non mirano a un disegno di lungo termine che coniughi sostenibilità e competitività.
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