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Fotovoltaico e catasto, interrogazione M5S e risposta viceministro

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Sui criteri da adottare per l’iscrizione al catasto e per le procedure fiscali degli impianti fotovoltaici, il M5S ha condotto una interrogazione parlamentare che mette in discussione le misure stabilite nella circolare 36/E dell'Agenzia delle Entrate che prescrive l'aggiornamento catastale degli immobili che ospitano certi impianti fotovoltaici. Occorre però verificare - assieme alla stessa Agenzia - se il provvedimento "tenga in adeguato conto la diversa rendita ottenibile da impianti incentivati e non incentivati" e compiere “un approfondimento in merito al trattamento fiscale degli impianti al servizio degli edifici”. Ad affermarlo è il viceministro dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, rispondendo a un'interrogazione alla Camera presentata da Rizzetto ed altri del M5S.

Insomma occorre approfondire se si è tenuto debito conto della diversa rendita ottenibile da impianti incentivati e non.
“Aumentano gli oneri a carico dei proprietari di piccoli impianti a pannelli solari. La circolare spiega che il fotovoltaico accresce la rendita catastale dell'abitazione su cui è installato, con le ricadute che tutti possono immaginare sulle imposte che si calcolano in base al valore dell'immobile, a partire della famigerata Imu-Tasi”, dichiarano dal movimento in riferimento all'aumento del valore dell'immobile con fotovoltaico a tetto. Inoltre: “Il fisco non chiarisce attraverso quali procedure il proprietario possa accertare se il valore dell'impianto stesso superi o meno il 15% della rendita catastale dell'immobile (soglia oltre la quale bisogna aggiornare la rendita stessa).


Quindi il calcolo non può essere fatto dall'utente in prima persona e quest'ultimo deve per forza rivolgersi a un tecnico abilitato, con l'ulteriore esborso che ciò comporta.
In più la circolare non considera altri due problemi. Primo: la vita media di un impianto è convenzionalmente di circa 25-30 anni, durante i quali la produzione di energia decresce e con essa anche la redditività dei pannelli.


Non andrebbe in tal senso via via ridimensionato anche il valore catastale dell'impianto? Secondo: al termine della sua vita l'impianto andrà smaltito e i costi saranno a carico del proprietario”. Ecco le richieste dell'interrogazione parlamentare:
Fare chiarezza sulle norme che regolano l'accatastamento degli impianti fotovoltaici, in particolare l'obbligo di aggiornamento della rendita catastale dell'immobile con impianti superiori a 3 KWp.

Chiarire attraverso quali procedure il proprietario dell'impianto possa accertare se il valore dello stesso superi o meno il 15 per cento della rendita catastale, posto che tale calcolo non può di certo essere effettuato dal proprietario stesso, ma da un tecnico abilitato, con l'aggiunta, quindi, di un'ulteriore spesa.


Tenere conto, nella valutazione dell'aumento della tariffa d'estimo catastale, del calo della redditività dell'impianto nel corso della sua vita media e dei costi di smaltimento.
Esentare dalla rivalutazione della rendita catastale i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20 KWp, trattandosi generalmente di utenze domestiche o quelle di piccole imprese, installati con finalità di risparmio energetico ed autoconsumo e non di investimento o mera speculazione, quindi, non soggetti a denuncia di apertura di officina elettrica ed installati sulle coperture e pertinenze degli edifici;
o, quanto mento, di esentare i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20 KWp che non beneficiano degli incentivi.


LA RISPOSTA- Il viceministro De Vincenti nel rispondere ha ricordato che: “il settore del fotovoltaico, grazie al sostegno pubblico, ha ricevuto tramite i vari Conti energia un'enorme e rapidissima diffusione in Italia, molto superiore a quella delle altre fonti rinnovabili”. 
L'obbligo di accatastamento e di determinazione della rendita catastale deve ritenersi sussistente per tutte quelle componenti che, poste in rapporto con l'unità immobiliare cui appartengono, sono in grado di produrre un reddito temporalmente rilevante. In tal senso, la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 36/E del 19 dicembre 2013, oggetto dell'interrogazione, nella parte in cui prescrive l'aggiornamento catastale degli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici, si limita a compendiare il suddetto principio essendo priva di elementi di natura discrezionale. Ciò consente di eliminare qualsiasi dubbio in ordine alla legittimità della suddetta circolare.

Ai sensi della Circolare, inoltre, il requisito della potenza = 3 KW non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale. A titolo esemplificativo, si può infatti ipotizzare che anche un impianto di 20 KW non comporti l'obbligo della rideterminazione catastale se insistente su un edificio di elevato valore capitale, mentre un impianto di potenza notevolmente inferiore (ma in ogni caso = 3 KW) potrebbe determinare l'obbligo di aggiornamento se installato su un edificio di modesto valore capitale.

Per quanto riguarda la mancata indicazione dei criteri e delle procedure per la verifica del rapporto del 15 per cento, si osserva che l'Agenzia delle entrate ha proceduto a dare delle indicazioni, richiamando la Determinazione Direttoriale dell'ex Agenzia del territorio del 16 febbraio 2005 (pubblicata in G.U. serie generale 18 febbraio 2005, n. 40).

I costi di smaltimento gravano essenzialmente sul produttore e non sui proprietari.
In sostanza il viceministro ritiene legittime le misure ma: “è opportuno assicurare l'impegno a verificare, insieme all'Agenzia delle entrate, se l'assetto fiscale venutosi a chiarire con la circolare 36/E del 2013 tenga in adeguato conto la diversa rendita ottenibile da impianti incentivati e non incentivati, anche in relazione alla tipologia di impianto e alla durata del diritto all'incentivo. Parimenti, si ritiene meritevole di attenzione un approfondimento in merito al trattamento fiscale degli impianti al servizio degli edifici, avuto riguardo della più incisiva finalità pubblica ad essi riconosciuta dalle norme sulle detrazioni fiscali”.
 

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