Foglie e scarti di potatura: un tesoro da 100 milioni di euro
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Le foglie cadute dagli alberi, i rami secchi e i resti di potatura del verde pubblico valgono più di 100 milioni di euro. Se solo non ci fosse un intoppo burocratico che ne impedisce l’utilizzo come biomassa, come avviene invece in Francia e Germania. Si tratta, infatti, di materiale biologico che potrebbe diventare combustibile per produrre energia pulita. Un tesoro che in Italia invece, finisce in discarica.
Secondo le stime della Federazione italiana dei produttori di energia da fonti rinnovabili (Fiper) per smaltire un quintale di questi sottoprodotti si spendono 6 euro. In pratica per le 4 milioni di tonnellate generate annualmente si sborsano 240 milioni di euro di soldi pubblici.
Se, invece, i residui della potatura fossero impiegati in impianti di teleriscaldamento, si potrebbero ricavare circa 3 euro a quintale. Incassando intorno ai 120 milioni di euro.
Il beneficio economico potrebbe essere di 9 euro a quintale, perché oltre a guadagnare si risparmierebbero anche i costi di smaltimento.
Ma c'è un problema. Il decreto legislativo del 3 dicembre 2010, n.205 non cita le potature del verde urbano nell’ambito di esclusione dell’applicazione della disciplina dei rifiuti. Perciò questo tipo di materiale viene trattato come scarto. Nello stesso tempo, però, il decreto del 6 luglio 2012 del ministero dello Sviluppo economico incentiva la produzione di energia elettrica da biomasse.
Il punto è, dunque, riconoscere lo status di biomasse alle potature del verde urbano ed escluderle dai rifiuti.
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